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Malattia di Wilson: che cos’è, sintomi, cause e possibili cure

La degenarazione epatolenticolare, conosciuta col nome di malattia di Wilson, risulta essere una infrequente malattia ereditaria, costituita dall’ammucchiamento di rame all’interno dei tessuti e degli organi.

Le sintomatologie maggiormente evidenti sono manifestate nel sistema nervoso e all’interno del fegato, laddove si evidenza una erronea funzionalità. Pertanto, risulta essere una patologia inevitabile, laddove risulta fondamentale una terapia capace di demolire la presenza di rame all’interno dei tessuti e che dunque al tempo stesso salvaguardi l’eventuale ammucchiamento causato dall’insufficienza del corrispettivo anabolismo. Questo perchè, il rame assimilato mediante il regime alimentare tende a non essere eliminato restando all’interno dell’organismo.

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Dunque, tale patologia di Wilson tende a percuotere 1 soggetto ogni 30.000. Non colpisce soltanto fegato e sistema nervoso, bensì tende a colpire, seppur con una bassa percentuale, la cornea, i reni ed ulteriori tessuti. Quantitativi elevati comportano problemi alle cellule, spesso alquanto gravi. All’interno del sistema nervolo, il nucleo lenticolare soffre di tali effetti gravi, ed è per tale motivazione che tale patologia è detta anche degenerazione epatolenticolare.

Causa della malattia di Wilson

Causa di tale patologia risultano essere delle deteriorazioni del gene ATP7B che compromettono la corrispettiva funzionalità, ossia quella di incoraggiare la deiezione mediante la bile, dell’elevato quantitativo di rame presente all’interno delle cellule. Nel momento in cui tale gene non svolge più la sua funzione, il rame si immagazzina in quantitativi elevati sgorgando fuori dalle cellule sino a finire all’interno del flusso sanguigno. É difatti mediante proprio quest’ultimo che il rame giunge sino agli svariati tessuti del corpo.

Patogeni

Spesso il rame viene assimilato ed apportato all’interno dell’intestino mediante i regimi alimentari laddove poi si congiunge alla proteina del plasma sino a raggiungere il fegato. Successivamente a ciò,

all’interno di un soggetto in buona salute:

  • il gene ATP7B collega il rame e la ceruloplasmina. Quest’ultima risulta essere  una proteina plasmatica la cui funzione è quella di trasportare e sottoporre a processo di deiezione il rame;

All’interno di un soggetto affetto da malattia di Wilson, contrariamente:

  • il gene ATP7B non svolge la regolare funzionalità. Dunque, non collega il rame e la ceruloplasmina;
  • Il rame resta connesso all’albumina, non viene sottoposto a deiezione e si ammucchia all’interno delle cellule epatiche;
  • Le cellule epatiche soffocano ciascuna possibile di accatastare il rame;
  • Il gruppo rame-albumina risulta dunque elevato. Dunque, esce dagli epatociti e si introduce all’interno del flusso sanguigno;
  • Mediante il flusso sanguigno, il rame arriva agli altri tessuti del corpo;

Ciò pertanto colpisce in primis il fegato per poi diramarsi nel sistema nervoso, nei reni e nella cornea.

PER QUALE MOTIVO IL RAME SI PROPAGA ALL’INTERNO DEI TESSUTI?

Le conseguenze sono due:

I soggetti affetti dalla malattia di Wilson manifestano la presenza di rame all’interno del flusso sanguigno congiuntamente all’albumina. Il collegamento risulta alquanto debole contrariamente al legame fra il rame e la ceruloplasmina. Difatti, non vi è attinenza fra i due legami. Nel momento in cui il rame giunge all’interno dei tessuti e degli organi, entra in contatto con le sostanze con la quale manifesta una maggiore attinenza che li porta a congiungersi. Le ripercussioni risultano dunque essere che:

  • I tessuti e gli organi presentano al loro interno un elevato quantitativo di rame;
  • La presenza di rame all’interno del sangue si riduce;

Eredità

Tale patologia risulta essere dunque genetico-ereditaria.

  • Autosomica, in quanto il gene ATP7B si posiziona sul cromosoma 13, e dunque un cromosoma non sessuale;
  • Recessiva, poiché l’allele mutato, risulta dominante contrariamente a quello in buona salute. Pertanto, il soggetto per essere affetto da tale patologia deve avere ambedue gli alleli mutati. Difatti, soltanto un allele mutato non risulta bastevole per affermare che il soggetto sia affetto da morbo di Wilson. Una soggetto su 100 risulta essere portatore di un allele ATP7B peggiorato.

Sintomi della Malattia di Wilson

Sebbene sia una patologia ereditaria, durante i primi anni non si riscontrano sintomi. Primaria sintomatologia colpisce il fegato ed è evidente intorno ai 6 anni, tempistica riduttiva durante il quale il rame è capace di ammucchiarsi in quantitativi elevati e pericolosi. Spesso, la formazione inizia oltre il limite adolescenziale o spesso intorno ai 30-40 anni d’età. Nel decorso, il soggetto tende poi a manifestare fastidi similari in ulteriori tessuti.

Sintomi del fegato

Primario organo affetto risulta essere il fegato, in quanto risulta essere la prima aria che il rame colpisce. Lo stato salutare del fegato dunque si aggrava gradualmente. Il progresso avviene durante l’adolescenza aggravandosi durante il trascorso.

  • Epatite;
  • Cirrosi non severa;
  • Cirrosi severa;

Lo specialista definisce tale presupposto col denominativo di insufficienza epatica poiché il fegato non è capace di svolgere le proprie funzionalità.

Le sintomatologie caratteristiche di tale condizione risultano essere:

  • Itterizia;
  • Dolenza all’addome;
  • Rigurgito;
  • Ingrossamento del fegato (epatomegalia);
  • Ingrossamento della milza (splenomegalia);

Sintomi del sistema nervoso

Il rame arriva sino al sistema nervoso soltanto nel momento in cui il fegato non è capace di trattenerlo all’interno delle cellule. L’accumulo comporta di conseguenza problemi al cervello di varia natura:

  • Fastidi fisici
    • Tremito alle articolazioni;
    • Fiacchezza nei movimenti;
    • Disartria;
    • Complessità nella scrittura;
    • Complessità nell’ingerire;
    • Instabilità nel camminare;
    • Emicrania;
    • Epilessia;
    • Debolezza e rigidità muscolare;
  • Fastidi comportamentali
    • Cambiamenti d’umore;
    • Depressione;
    • Difficoltà di concentrazione;
    • Cambiamenti di personalità;
    • Demenza;

Nel caso in cui il soggetto non dovesse essere sottoposto a trattamenti curativi, il rischio neurologico accresce in quanto il soggetto che è affetto da Morbo di Wilson diviene totalmente subalterno per quanto concerne la nutrizione ed il movimento.

Ulteriori tessuti

Tale patologia tende poi a compromettere ugualmente la cornea dando vita ad un anello di Kayser-Fleischer di tonalità scura e tendente al verde. In aggiunta, il rame tende ad accumularsi all’interno dei reni causando problemi capaci di comportare:

  • Aminoaciduria e dunque la partecipazione di aminoacidi all’interno delle urine;
  • Glicosuria e dunque la partecipazione di glucosio all’interno delle urine;
  • Fosfaturia ossia la partecipazione di fosforo all’interno delle urine;
  • Uricosuria ossia la partecipazione di acido urico all’interno delle urine;
  • Calciuria ossia la partecipazione di calcio all’interno delle urine;

Nel caso di presupposti consueti, tali sostanze depennate andrebbero assimilate nuovamente. Dunque, l’ammucchiamento all’interno dei reni del rame peggiora la struttura ed la corrispettiva assimilazione di sostanze importanti per il corpo.

Ulteriori sintomatologie connesse al Morbo di Wilson risultano essere:

  • Anemia;
  • Pancreatite;
  • Problemi mestruali;
  • Aborto spontaneo;
  • Prematura osteoporosi;

Prognosi

Nel caso in cui si abbia il dubbio, risulta opportuno svolgere accertamenti importanti quali:

  • Analisi del sangue
    • L’accumulo di ceruloplasmina. Un ridotto quantitativo, sotto i 20mg ogni 100ml, sottolinea la presenza di tale patologia. Il livello regolare risulta di 30 mg ogni 100ml;
    • La concentrazione di rame. Laddove dovesse essere bassa sottolinea la presenza di tale patologia;
    • Eventuale anemia di tipo emolitico;
    • Le funzioni epatiche e renali, mediante l’uso di marker (transaminasi, azotemia ecc.);
  • Analisi delle urine, al fine di misurare il quantitativo di rame presente. Quantitativi in eccesso sottolineano la presenza di tale tipologia. Generalmente, soggetto aventi Morbo di Wilson tendono a far fuoriuscire all’interno delle urine all’incirca 100μg di rame ogni 24 ore;
  • Analisi optometricche, al fine di evidenziare la partecipazione o meno dell’anello di Kaiser-Fleischer;
  • Biopsia del fegato, al fine di conteggiare il quantitativo di rame all’interno delle cellule epatiche. Il quantitativo patologico di rame risulta di 100μg per un grammo di fegato. Risulta adeguato al fine di quotare la cirrosi;
  • Una risonanza magnetica cerebrale, al fine di considerare la salute del nucleo lenticolare, affetta dall’abbondanza di rame;
  • Un test genetico del DNA;

La partecipazione di:

  • Anello di Kaiser-Fleischer;
  • Sintomatologie di cirrosi epatica;
  • Lesione del nucleo lenticolare;

sottolineano la presenza del Morbo di Wilson.

Pertanto, precedentemente al trattamento, risulta fondamentale un’ottima diagnosi e migliorare le proprie abitudini. Questo perché un trattamento ritardato continge e agevola non completamente i problemi epatici e cerebrali causa dell’elevato quantitativo di rame. Determinate funzionalità, difatti tendono ad essere intaccate in maniera irrimediabile. Laddove si è dinanzi a soggetti gravi, solo rimedio risulta essere il trapianta del fegato.

Trattamento

Il Morbo di Wilson laddove non dovesse essere trattato risulta letale. Il decadimento è capace di giungere ugualmente successivamente alla percettibilità delle primarie sintomatologie. Il trattamento è capace di:

  • Diminuire l’accumulo di rame all’interno del fegato;
  • Tenere sotto controllo l’assimilazione del rame nell’intestino;
  • Diminuire l’assimilazione di rame all’interno del regime alimentare;
  • Trapianto di fegato.

Diminuire l’accumulo di rame

Fondamentale passaggio al fine di strappare al pericolo un soggetto affetto da Morbo di Wilson prevede l’assimilazione di:

  • Penicillamina;
  • Trientina;

La penicillamina risulta essere un prodotto farmacologico d’elezione. Deve essere assimilato per via orale per tutta la vita. Risulta essere un composto chelante capace di espellere il rame eccedente e portarlo all’interno dei reni per la deiezione. Ciò nonostante è capace di comportare effetti sconveniente specialmente ai reni, laddove risulta fondamentale l’interruzione della terapia al fine di ovviare i fastidi sovversi.

Mentre la trientina risulta ugualmente un composto chelante che deve essere assimilato ugualmente per via orale ed è capace di funzionare come la penicillamina. Non ha lo stesso risultato ma ciò nonostante è capace di ridurre i fastidi sovversi.

TENERE SOTTO CONTROLLO L’ASSIMILAZIONE DEL RAME NELL’INTESTINO

L’assimilazione di rame può essere dimezzata mediante la somministrazione di zinco soltanto nel momento in cui il Morbo di Wilson risulta essere ai primari livelli e cioè nel momento in cui il rame non è penetrato all’interno dei tessuti. Pertanto, ciò conferisce la prevenzione dell’ammucchiamento di rame all’interno del fegato. Il trattamento risulta favorevole nel momento in cui si fa uso di pennicillamina.

DIMINUIRE L’ASSIMILAZIONE DI RAME ALL’INTERNO DEL REGIME ALIMENTARE

Al fine di diminuire l’assimilazione di rame risulta opportuno ridurre la consumazione di determinati cibi, tra cui:

Ciò nonostante, i dosaggi non devono essere superiori ai 2 mg.

TRAPIANTO DI FEGATO

Il trapianto di fegato risulta fondamentale nel momento in cui:

    • I problemi al fegato sono incontrastabili e cioè affetti da cirrosi grave;
    • Le terapie risultano improduttivi.
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