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Campylobacter: che cos’è, cause, sintomi, diagnosi e possibili cure

Campylobacter: che cos'è, cause, sintomi, diagnosi e possibili cure

Il Campylobacter altro non è che un genere di batterio formato da bacilli mobili, aventi forma di bastoncino curvo oppure a spirale, che non sono sporigeni. I microarofili, gram negativi termofili hanno vita temporanea nell’ambiente, mentre i batteri del genere Campylobacter risultano essere quelli contaminanti microbici, motivo per cui preoccupano notevolmente a causa di probabili infezioni umane dovute ad alimenti contaminati. 

Tra le 15 specie di Campylobacter individuate, solo 4 di esse possono essere associate a patologie umane, tra i quali:

  • Campylobacter jeujini, Campylobacter coli Campylobacter lari, quali specie più note legate alle infestazioni umane, e che sono solite generare infezioni all’intestino con sintomi delle gastroenteriti.
  • Campylobacter fetus, che provoca le infezioni extraintestinali nei neonati e persone immunocompromesse.

Le infezioni provocate dal Campylobacter si definiscono zoonosi, ovvero patologie provocate dagli animali, e hanno larga diffusione in tutto il globo, paesi industrializzati inclusi.

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Questo genere di batterio trova ospitalità negli animali a sangue caldo, selvatici e domestici, come bovini, ovini, maiali, cani, gatti, roditori ed uccelli, andandosi a porre principalmente all’interno del loro tratto gastrointestinale.

Cause del Campylobacter

Le infezioni derivanti da Campylobacter sono generalmente dovute all’ingestione di alimenti o bevande contaminati da feci di animali già infetti. Il latte non pastorizzato può essere un valido esempio, ma anche il contatto con animali domestici infettati. Gli alimenti che più rappresentano un rischio sono di certo:

  • carne di pollo poco cotta
  • carne macinata, o hamburger.

L’infezione può avvenire anche da soggetto a soggetto per via oro-fecale.
A dispetto di Salmonella spp. e Straphylococcus aureus, il Campylobacter non ha vita lunga su alcune superfici quali teflon ed acciaio, visto che non riesce ad aderire; da ciò si evince che le superfici da lavoro e corrispettivi utensili, non rappresentano fonte di contagio per alimenti.

Vista la ridotta resistenza alle condizioni ambientali ed acidità gastrica, le infezioni da Campylobacter sono maggiormente dovute ad ingestione di cibi crudi o scarsamente cotti, precedentemente contaminati da feci animali.

Le zone con clima temperato, vedono una maggiore infezione da Campylobacter prevalentemente in estate ed autunno, colpendo maggiormente i bambini, e non adulti ed anziani, vista la più forte immunità dovuta a pregresse infezioni.

Sintomi del Campylobacter

L’incubazione dell’infezione è prevista per 2 o 5 giorni, al termine dei quali il soggetto lamenterà sintomi come:

Questi sintomi sono dovuti a delle resistenti enterotossine emanate dal batterio, e che causano tossinfezione alimentare, la quale intacca le cellule della mucosa intestinale, permettendo così una migliore invasione da parte dei batteri.

La forza dei sintomi varia da soggetto a soggetto, tanto che coloro che vengono colpiti da forme leggere risultano essere addirittura asintomatici. Al contrario, le forme più gravi, possono rassomigliare a patologie come coliti ulcerose o morbo di Crohn.

Diagnosi del Campylobacter

Il batterio Campylobacter è la causa portante della diarrea forte. L’unico modo per ottenere una diagnosi corretta è la coltura del fluido diarroico in laboratorio.

Possibili cure al Campylobacter

In quanto patologia autolimitante, il corpo guarisce da sé in pochi giorni, senza doversi per forza affidare ad antibiotici. L’eritromicina, quale antibiotico per trattare enteriti da Campylobacter, claritromicina ed azitromicina, possono essere validi rimedi per velocizzare il processo di guarigione e limitare il lasso di tempo di emissione del batterio mediante le feci.

Col passare del tempo sono andati a svilupparsi differenti ceppi di Campylobacter antibiotico-resistenti, prevalentemente a cefalosporine penicillina, i quali rendono più difficile la guarigione, nei casi più gravi.

Una terapia reidratante basata sull’assunzione di liquidi ed elettroliti, risulta essere da sempre la parte fondamentale; le forme più gravi possono richiedere anche una somministrazione per via endovenosa. 

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