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Sindrome dello Stretto Toracico: che cos’è, sintomi, cause, diagnosi e possibili cure

Sindrome dello Stretto Toracico: che cos'è, sintomi, cause, diagnosi e possibili cure

La sindrome dello stretto toracico, nota anche come sindrome dell’egresso toracico, risulta essere un raggruppamento fra sintomi e segni, alla quale origine troviamo lo schiacciamento di vasi sanguigni o nervi pressanti, proprio per lo stretto toracico.

All’origine abbiamo differenti cause, come anomalie congenite del corpo, traumi, ripetizione delle medesime attività, postura sbagliata e così via. I sintomi possono invece differire in base alla compressione a carico di nervi o vasi sanguigni; in entrambi i casi si avvertirà dolore. 

Per quanto riguarda la diagnosi, questa non è delle più semplici, in quanto ogni soggetto differisce da un altro; il trattamento è conservativo, e si passa all’intervento chirurgico solo in caso di gravità.

Che cos’è la sindrome dello stretto toracico?

La sindrome dello stretto toracico denominata ulteriormente Sindrome dell’egresso toracico, Sindrome dello sbocco toracico ed anche Sindrome degli scaleni, è un raggruppamento fra sintomi e segni, i quali si manifestano in seguito a compressione a carico dei vasi sanguigni o dei nervi posti proprio nello stretto toracico.

La condizione è tipica nei giovani soggetti, anche se ne sono maggiormente interessate le donne, in quanto aventi peculiarità del corpo ad elevata predisposizione.

Tipologie di sindrome dello stretto toracico

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Non esiste una singola tipologia di sindrome dello stretto toracico, ma bensì 3, vediamole insieme:

  1. Forma neurogena, neurologica, e risulta essere quella a maggiore incidenza fra tutte; la forma in questione coinvolge proprio i nervi posti nel tratto brachiale.
  2. Forma venosa, forma di minore incidenza rispetto alla precedente, e si ha in seguito ad un blocco o compressione della vena succlavia che porta il sangue all’arto superiore.
  3. Forma arteriosa, è fra tutte quella meno frequente, infatti colpisce solo l’1% dei soggetti, e vede all’origine un blocco o compressione dell’arteria succlavia.

Forma venosa e forma arteriosa insieme formano la nota sindrome vascolare dello stretto toracico, che coinvolge in maniera primaria i vasi sanguigni.

Sintomi della sindrome dello stretto toracico

I sintomi legati alla sindrome dello stretto toracico tendono a differire in base alla compressione, e quindi se questa interessa il tratto brachiale oppure i vasi sanguigni. Dipendono molto dalla patologia all’origine.

Forma Neurologica

I sintomi annessi alla sindrome neurologica prevedono:

  • Mano di Gilliatt-Summer, quale problematica al pollice, che prevede atrofia muscolare.
  • Braccia e dita intorpidite e con formicolio.
  • Dolenzia e dolore a collo, spalla o mano.
  • Presa fragile.

Tutti questi sintomi originano a mezzo organismo, proprio dove è in corso la compressione brachiale. Laddove il dolore inizi presso lo stretto toracico alla destra, i sintomi verranno avvertiti all’arto superiore destro.

Forma Venosa ed Arteriosa

I sintomi annessi alle suddette forme risultano essere:

  • Anomalie nel colorito cutaneo, con decolorazione oppure pelle azzurrognola
  • Dolenzia e/o rigonfiamento del braccio
  • Pallore alle dita della mano in questione
  • Senso di polso debole od assente
  • Senso di gelo a dita, mano braccio
  • Senso di stanchezza al braccio, anche senza sforzi eccessivi
  • Dita intorpidite e con senso di formicolio
  • Braccia e collo deboli
  • Pulsazione alla base della clavicola, generalmente sotto forma di gonfiore.

Cause della sindrome dello stretto toracico

All’origine della sindrome dello stretto toracico possiamo rintracciare differenti cause, tra cui:

  • Difetto del corpo congenito, in quanto dei soggetti alla nascita posseggono qualche costola in più, o costa cervicale, oppure del tessuto che congiunge irregolarmente colonna vertebrale e prima costola cervicale. I suddetti difetti, talvolta ereditari, possono andare a diminuire gli spazi dello stretto toracico, provocando problemi a vasi sanguigni e nervi ivi situati.
  • Postura scorretta, come chi presenta spalle cadenti oppure protende la testa in avanti in maniera anomala, avrà maggiori possibilità di sviluppare la sindrome dello stretto toracico.
  • Trauma, in alcune parti del corpo che possono andare ad alterare l’interna anatomia dello stretto toracico, generando un rimpicciolimento degli spazi dove si trovano arteria e vena succlavia e plesso brachiale. Fra i principali traumi troviamo proprio gli incidenti in auto, in quanto il violento urto opera proprio su collo, clavicola e prima costola, o colpo di frusta; da non sottovalutare i traumi successivi ad una caduta.
  • Ripetizione di una medesima attività, come lavoro o sport ripetitivi, che possono usurare i tessuti posti in loco, al punto di generare delle patologie. Fra questa attività è da includere anche un eccessivo utilizzo del computer, lavori in catene di montaggio, sollevamento di oggetti pesanti al di sopra del capo, giocare a baseball oppure nuotare.
  • Compressione articolare da obesità o sovrappeso, in quanto un alto peso del corpo può andare a compromettere il corretto funzionamento delle articolazioni. Ripercussioni negative possono essere avvertite anche sulle parti del corpo limitrofe, tipo lo stretto toracico.
  • Gravidanza, in quanto gli arti delle donne in attesa possono allentarsi, fino a generare problemi articolari che possono poi coinvolgere anche le parti del corpo limitrofe.

Diagnosi della sindrome dello stretto toracico

Non è semplice effettuare una diagnosi della sindrome dello stretto toracico, in quanto i sintomi tendono a differire per ogni soggetto. La diagnosi ha comunque inizio da un esame obiettivo, includendo tutta quella che è la storia clinica del soggetto in questione. Si andrà poi avanti con ulteriori esami come il test di provocazione, fino agli esami strumentali, talvolta invasivi.

Esame obiettivo

Con l’esame obiettivo, lo specialista inizierà la visita del soggetto, ponendosi lo scopo di trovare segni clinici esterni. Passerà poi a chiedere quali siano i sintomi avuti e quando risultano essere più forti. L’interrogazione terminerà vertendo su quali sia il lavoro svolto, gli hobby e le abitudini del tempo libero.

Test di provocazione

Mediante i test di provocazione, lo specialista potrà capire quali siano le cause all’origine della sindrome dello stretto toracico. Questi andrà a ripetere delle situazioni in grado di provocare i sintomi esposti dal paziente durante l’esame obiettivo. In questo caso specifico, il medico farà ripetere ai soggetti movimenti di collo, braccia, spalle e così via.

Esami strumentali

Gli esami strumentali risultano essere molto funzionanti, visto che permettono il raccoglimento di tutte le informazioni necessarie al raggiungimento della giusta diagnosi. Tra queste procedure è possibile includere:

  • Raggi X, con i quali si scola la “costa cervicale”, laddove presente.
  • Ecografia, quale esame non invasivo, con il quale si possono individuare problematiche vascolari.
  • TAC, dove le radiazioni ionizzanti danno un’immagine tridimensionale di tutti gli organi all’interno dell’organismo. Attraverso questa si potrà osservare lo stato di salute dei vasi sanguigni compressi.
  • Risonanza magnetica nucleareRMN, quale esame radiologico che farà esporre il soggetto a campi magnetici innocui, e non a radiazioni ionizzanti pericolose. Fornisce le stesse utilità della TAC.
  • Arteriografia venografia, quali pratiche invasive, dove si andrà ad inserire all’interno delle arterie o delle vene un catetere, che emana liquido di contrasto, osservabile poi ai raggi X. Così come verrà riversato il liquido, il medico potrà capire se l’anomalia è vasale, e quali sono le sue caratteristiche.
  • Elettromiografia, con il quale si studierà muscolatura e terminazioni nervose.

Possibili cure alla sindrome dello stretto toracico

Al fine di curare la sindrome dello stretto toracico, è possibile avvalersi di differenti trattamenti, tenendo sempre conto della tipologia, e quindi se neurogena oppure vascolare. Da ciò si evince l’importanza di una corretta diagnosi, e minuziosa precisazione delle cause all’origine.

La terapia di base è quella conservativa, che prevede quindi degli approcci terapeutici non invasivi. Laddove i risultati non si facciano vedere, si potrà ricorrere soltanto ad un intervento chirurgico, altamente rischioso, e che si preferisce generalmente evitare.

Terapia conservativa

Se si predilige la terapia conservativa per la cura della sindrome dello stretto toracico, in caso di forma neurogena, si potrà passare a:

  • Fisioterapia, con esercizi di stretching a collo e spalle, esercizi di mobilità articolare ed esercizi per correggere la postura sbagliata. Al fine di vedere dei risultati, gli esercizi dovranno essere ripetuti anche in casa e non semplicemente al centro di riabilitazione.
  • Farmaci antinfiammatori ed antidolorifici, così da diminuire l’infiammazione ed il dolore. I farmaci maggiormente indicati sono ibuprofene, o FANS, miorilassanti, aspirina o corticosteroidi.

Laddove la sindrome dello stretto toracico sia in forma vascolare, si passa a trattamenti quali:

  • Farmaci trombolitici ed anticoagulanti. I primi servono a dissolvere il sangue coagulato all’interno di arterie e vene, mentre i secondi garantiscono la fluidità ematica. Viene solitamente pianificata una terapia con precedente somministrazione di trombolitici, per poi passare agli anticoagulanti.
  • Antidolorifici, utili per ridurre il dolore, che a volte diviene fastidioso.

Chirurgia

La chirurgia prevista per la sindrome dello stretto toracico viene definita decompressione dello stretto toracico. Gli specialisti, per questa tipologia di cura, sogliono scegliere fra 3 diversi approcci, quali:

  1. Approccio transascellare ad incisione sul torace, e viene scelto in presenza di “costa cervicale”. E’ indicato sia per la sindrome dello stretto toracico neurogena che vascolare.
  2. Approccio sopraclavicolare, andando ad incidere proprio sollo il collo, e risulta utile per la riparazione dei vasi sanguigni con anomali interne od esterne. Risulta utile anche i muscoli che si sono modificati successivamente ad un trauma, che ha visto la compressione dei vasi limitrofi.
  3. Approccio infraclavicolare, andando ad incidere al di sotto della clavicola, ed utile per liberare, all’interno dei vasi sanguigni, farmaci che dissolvano i coaguli. Mediante questo questo è possibile anche la riparazione dei vasi sanguigni danneggiati, trapiantando tessuto biologico od artificiale.
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